Su Marte scorre acqua liquida. Sono minuscoli ruscelli di acqua salata che compaiono periodicamente, lasciando striature scure la cui origine era finora un mistero. La prova, pubblicata su Nature Geoscience, arriva dal satellite americano Mro (Mars Reconnaissance Orbiter).
“E’ la prima prova che dimostra l’esistenza di un ciclo dell’acqua sulla superficie di Marte”, ha spiegato Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell’Agenzia spaziale italiana (Asi).
A fornirla è il gruppo dell’Istituto di Tecnologia delle Georgia guidato da Lujendra Ojha. Non si tratta certo dei canali d’acqua ipotizzati nell’800 da Giovanni Schiaparelli, ma ‘rivoli’ stagionali con tracce di sali che si formano solo in presenza di acqua.
L’acqua compare solo in alcune stagioni, sotto forma di gocce che si condensano all’interno di stretti canali larghi poche decine di centimetri e considerati a lungo un mistero sin dalla prima scoperta, avvenuta negli anni ’70. Da allora vengono indicati con la sigla Rsl (dall’inglese ‘Recurring slope lineae) e da subito è nato il sospetto che i minuscoli canali fossero disegnati dallo scorrimento di piccole quantità di acqua salata, che si condensa durante i mesi più caldi.
Finora le immagini satellitari avevano osservato la formazione di linee scure, lunghe fino a 5 metri, lungo i pendii marziani, a latitudini e quote molto differenti. Queste linee scure hanno la caratteristica di comparire e allungarsi sempre più durante le stagioni calde per poi svanire in quelle più fredde. La capacità degli strumenti non permetteva però di definire con certezza se i canali potessero essere provocati dall’acqua oppure da qualche altro fenomeno ancora non compreso. La presenza di sali idrati negli stessi momenti in cui le linee si formano è adesso, per i ricercatori, la prova attesa da tempo dell’esistenza su Marte di acqua allo stato liquido, seppur in piccole tracce.
Come in un puzzle complicato, a raccontare la storia dell’acqua marziana è stato un insieme di tessere, diventate sempre più numerose negli ultimi anni. A dare nuovo impulso alla ‘caccia’ all’acqua marziana sono stati soprattutto i satelliti europei e americani in orbita attorno al pianeta rosso, insieme ai rover che esplorano la superficie.
Un contributo importante si deve ai radar Marsis e Sharad, a bordo rispettivamente del satellite europeo Mars Express e dell’americano Mro (Mars Reconnaissance Orbiter): hanno fornito i primi elementi precisi sulla presenza di ghiaccio d’acqua ed entrambi parlano italiano.
Nel 2008 appare chiaro che molte delle formazioni che si osservano su Marte sono state modellate da grandi masse d’acqua paragonabili al Mississippi, fuoriuscite velocemente dal sottosuolo. Dello stesso anno è la scoperta, basata sui dati del satellite Mro che antichissimi ghiacciai hanno scavato lunghi canali sul pianeta. Ancora Mro (lo stesso satellite che ha permesso di scoprire che l’acqua scorre ancora su Marte) ha scoperto che l’acqua su Marte è scomparsa soltanto due miliardi di anni fa, ossia un miliardo di anni più a lungo di quanto si pensasse, modellandone la superficie e aumentando la possibilità della comparsa di forme di vita. Un’altra sonda americana, Mars Odissey, ha fornito le prove dell’esistenza di un grande oceano poco profondo che occupava per due terzi la superficie del pianeta. Accanto ad esso esisteva un secondo oceano, molto più piccolo e giovane. Una scoperta confermata nel 2010, quando nuovi dati hanno ricostruito l’antico aspetto di Marte: un pianeta blu, con un grande oceano nell’emisfero Nord e la terraferma costellata di laghi e solcata da almeno 40.000 fiumi. Un quadro arricchito, nel 2010, dalla scoperta che Marte è un pianeta molto piè attivo di quanto si credesse, e nel 2012 dalla scoperta di rocce scavate dallo scorrere dell’acqua: il letto di un antico fiume marziano.